L’intelligenza artificiale in astronomia

L’intelligenza artificiale ed i sui “costi” ambientali … e quella naturale, invece dov’è finita?

L’intelligenza artificiale in breve

Oltre un anno è passato da quando strumenti informatici come i chatbotSoftware in grado di elaborare conversazioni umane in forma scritta oppure orale e fornire risposte mediante la stessa modalità. Semplificano l’interazione dell’utente umano con sistemi informatici, emulando il comportamento di una persona reale. ChatGPT o Gemini sono a disposizione di tutti noi, utili per lavoro, studio o semplice curiosità culturale; si tratta di dispositivi informatici basati sull’intelligenza artificiale, ovvero quel vasto insieme di metodologie scientifiche e tecnologie informatiche utilizzate per ricerca e presentazione dati. Ormai queste tecnologie, di cui i chatbot rappresentano solo un aspetto, sono diventate indispensabili per analizzare e gestire enormi quantità di informazioni “grezze”.

L’intelligenza artificiale (abbreviata con AI, l’immancabile acronimo anglosassone) ha una vastissimo utilizzo nella ricerca astronomica. Personalmente ho utilizzato lo strumento ChatGPT, esplorandone limiti e capacità, per scrivere un articolo per questo sito sulla cometa apparsa nel cielo boreale nell’inverno 2023; per il mio scopo, il sistema si è rivelato in modo efficace, permettendo una ricerca di informazioni più veloce, naturale e stimolante.

I sistemi basati sulla AI non si limitano comunque alla sola ricerca di informazioni sulle moderne basi di dati astronomici, essendone divenuti in realtà la struttura portante e, per così dire, i “motori”.

Ma secondo alcune recenti notizie, la AI avrebbe un non trascurabile “impatto ambientale” e nell’immediato futuro una delle innumerevoli iniziative burocratiche dell’Unione Europea definirà per legge un controllo dei parametri operativi di questi strumenti.

A mio avviso, il passo che porta dal “definire” (argomento tecnico) al “regolamentare” (argomento politico e culturale) l’attività in questo settore rischia di essere troppo breve.

Ma sto anticipando… Più avanti aggiungerò alcune informazioni ulteriori su queste tematica.

Prima parlerò brevemente di come la AI sia utilizzata in astronomia, e sulla sua ormai indispensabile presenza nella gestione dell’informazione.

Gli usi dell’AI in astronomia

Nella seguente pubblicazione scientifica di libera consultazione, vengono descritti alcuni degli aspetti principali dell’utilizzo della AI in astronomia.

Le varie branche della moderna astronomia hanno attraversato negli ultimi 30 anni uno sviluppo molto rapido, potendo disporre di nuovi strumenti osservativi (al suolo e mediante missioni spaziali) e quindi dei risultati dell’astronomia multi dominioSi definiscono in questo modo le osservazioni di uno stesso oggetto astronomico in differenti canali informativi: radiazione elettromagnetica a diverse lunghezze d’onda e, per particolari oggetti collassati, eventualmente flussi di neutrini e onde gravitazionali..

Questa situazione, comune ad altre campi di ricerca dove si descrivono fenomeni mediante una varietà di informazioni differenti e complementari, ha creato la necessità di gestire una mole enorme di dati, ovvero i “big data”. Da un punto di vista pratico queste vaste collezioni di informazioni sono troppo grandi per essere analizzate e catalogate in tempi brevi dai ricercatori umani senza ricorrere a tecniche automatizzate, ovvero alla AI.

Un esempio è il riconoscimento, sulle immagini digitali, delle stelle appartenenti alla Via Lattea da lontanissime galassie: questo procedimento richiede alla AI una analisi che va ben oltre l’aspettoMediante algoritmi di calcolo le caratteristiche degli oggetti vengono scomposte ed attribuite alle componenti di miliardi di vettori dati, aventi centinaia di dimensioni. L’ulteriore analisi automatizzata di questi vettori dati discrimina il tipo di oggetto. degli oggetti e infine permette, per così dire, al sistema di affermare “questa è una stella e quest’altra invece una galassia”. Ed ovviamente, i metodi basati sull’intelligenza artificiale eseguono queste attività in un tempo molto minore rispetto a quello eventualmente richiesto a ricercatori umani.

L’AI è ormai indispensabile anche nell’indagine dei fenomeni che mutano al variare del tempo in modo estremamente rapido, poiché permette di seguire eventi che devono essere studiati, in tempi molto brevi, impiegando strumentazioni differenti.

L’intelligenza artificiale è quindi diventata una nuova area di ricerca scientifica, basata sulla fusione di tecniche statistiche, matematiche ed informatiche che ormai è diventata irrinunciabile e molto attiva.

Nel corso dell’ultimo decennio tutto ciò questo ha portato a due importanti conseguenze, tra loro collegate.


Ricerca astronomica
Rappresentazione artistica sull’utilizzo della AI per la ricerca astronomica. Credit Pixabay user deenMoon

La prima è stato l’accumulo e la necessaria gestione di flussi dati ben oltre l’ordine di grandezza del PbyteIl peta byte, indicato con Pbyte, equivale a 1015 byte, ovvero 1000 Tera byte., con la creazione di basi di dati sia testuali che grafiche, spesso liberamente disponibili mediante internet.

La seconda è stato il conseguente aumento esponenziale nella letteratura astronomica di pubblicazioni che coinvolgono, per essere prodotte, l’utilizzo di applicazioni AI sempre più complesse.

L’intelligenza artificiale è quindi ormai indissolubilmente collegata alla ricerca astronomica astronomica; forse tutto ciò porterà in un futuro non troppo lontano (e sono scenari immaginati già nei decenni passati), ad un uso di sistemi AI, che interagiranno in modo quasi “paritario” con i ricercatori umani, la cui creatività sarà sempre e comunque la guida di queste attività.

Sempre che la AI continui ad essere utilizzata…

E l’intelligenza naturale invece… l’abbiamo persa per strada?

Abbiamo quindi brevemente visto come la gestione di questi smisurati insiemi di dati multi dominio, ovvero la loro conservazione e fruibilità per gli innumerevoli utenti che li utilizzano a livello globale, sia quindi ormai imprescindibile dall’uso dell’intelligenza artificiale.

Da un lato abbiamo quindi una straordinaria e, per certi versi, disarmante semplicità con cui la AI permette l’utilizzo delle informazioni, mentre dall’altro possiamo constatare il già citato aumento della produzione scientifica proprio grazie a queste tecniche. E questo, anno dopo anno, dovrebbe permettere di comprendere a chiunque, quanto sia elevata l’importanza di questa tecnologia.

Per questi motivi ho letto con interesse una notizia riguardante la “AI che mette a rischio le risorse idriche”.

Il problema delle elevate quantità di calore prodotte dai computer durante il loro funzionamento e la necessità di disperderlo è noto già da molti anni: ricordo un articolo, comparso su “Le Scienze” oltre quattro decenni fa, in cui si descrivevano le tecnologie utilizzate all’epoca per dissipare calore, tra cui la circolazione forzata di acqua sui dissipatori di calore delle schede elettroniche.


Goccie
Credit: Pixabay user TheDigitalArtist

Quarant’anni sono tanti. Nessuno ha mai proposto altri sistemi? I data center sono normalmente climatizzati, e questo è il primo, anche se ovviamente parziale, esempio di soluzione del problema. Oltre a raffreddare i circuiti con l’acqua, esistono altre tecnologie che potrebbero essere utilizzate, basate ad esempio sugli effetti Seebek e Peltier. E dovendo usare obbligatoriamente l’acqua, un’amica con cui parlavo di questo argomento domandava perché non impiegare quella recuperata da precedenti attività industriali e/o civili, senza dover per forza “assetare” le città usando acqua potabile.

Per inciso, una città che gestisca correttamente le proprie risorse idriche non dovrebbe incontrare questi problemi; ma se, per economia di scala, può risultare conveniente alle società informatiche concentrare i propri data center in una singola località, le autorità di controllo locali devono, perché è loro compito e dovere, valutarne l’impatto sociale ed ambientale. Non “incolpiamo” per tutto ciò la AI e gli strumenti che la veicolano, ma attribuiamone piuttosto le responsabilità ai gestori umani del pubblico interesse.

Cerchiamo, se ne siamo auspicabilmente in grado, di risolvere i problemi come questo senza isteria; a mio avviso l’ambientalismo di maniera, sbandierato qua e la, nelle sedi istituzionali e dai tanti “personaggi” che criticano lo spreco di risorse e i disastri ambientali, mentre girano allegramente per il mondo consumando enormi quantità di energia per propinare agli altri il loro “credo”, non serve a nulla.

La soluzione a problemi legati all’impatto ambientale come questo non si risolvono da soli o con le chiacchiere e neppure utilizzando la magia del Mago Merlino…

Si risolvono “accendendo” l’intelligenza naturale di cui siamo o, si spera, dovremmo essere dotati.