L’espansione delle civiltà nell’Universo

Civiltà che si espandono nell’Universo: prospettiva entusiasmante oppure inquietante?

Sul sito Phys.org troviamo innumerevoli notizie su vari argomenti specialità scientifiche: fisica, astronomia, biologia.

Alcune sono magnifici esempi di applicazione del paradigma scientifico che utilizziamo dal tempo di Galilei per fare ricerca e produrre risultati concreti, altri rappresentano solamente mere applicazioni di virtuosismo tecnico-matematico, fumose dissertazioni su “ciò che potrebbe essere” senza alcuna possibilità di verifica alla portata della nostra scienza attuale.

Lo rammentiamo al giorno d’oggi cosa diceva Popper? Che una teoria non falsificabile non è scientifica.

L’espansione delle civiltà nell’Universo

Su Phys.org ho quindi letto con distaccato interesse la notizia di cui vi voglio parlare e su cui farò anche qualche mia considerazione personale, usando un “curioso” parallelo con due racconti di fantascienza.

Il titolo, innanzitutto: “Civilizations are probably spreading quickly through the universe, researchers claim“. Probabilmente? La scienza di solito prevede e magari sbaglia, mica dice “è probabile che…” senza altre giustificazioni. In conseguenza mi sono detto: “Magari è una interpretazione del lavoro originale da parte dei redattori del sito, ma se il buongiorno si vede dal mattino chissà che c’è scritto li dentro…”.

Per correttezza, il titolo del lavoro originale è “Percolation of ‘Civilisation’ in a Homogeneous Isotropic Universe”. Scopo di questo lavoro è modellare l’espansione nell’Universo delle civiltà intelligenti tramite il fenomeno della percolazione; questo approccio era già stato utilizzato ma come dice il detto latino “repetita iuvant”… La teoria della percolazione permette di descrivere ad esempio la propagazione degli incendi nelle foreste tramite simulazioni di calcolo: queste tipologie modelli sono regolate in definitiva dalla disponibilità di risorse. Nel caso di un incendio boschivo se non ci sono alberi… non abbiamo incendio, e viceversa tutti gli alberi disponibili lo alimentano, perlomeno in prima e semplice approssimazione. L’approccio al problema è curioso, potenzialmente interessante ed anche inquietante, considerato il senso profondo della frase sopra evidenziata sulla “disponibilità delle risorse”: alberi per un incendio, pianeti utilizzabili per una civiltà in espansione nel cosmo.

Ricordiamo questo punto, più avanti quando parleremo di “sfere di espansione” con questo paragone: ogni albero che “entra” nella sfera di espansione dell’incendio, brucia.

Nel modello vengono utilizzate tre differenti ipotesi sul tipo di espansione del nostro Universo: nessuna espansione, espansione controllata dalla materia, espansione controllata dall’energia oscura. Sono previste le possibilità per le civiltà, regolate dalle risorse disponibili di spazio e pianeti, di espandersi al limite nell’intero Universo, con tempi compatibili con quella che, semplificando, possiamo definire la sua età. Ovviamente, per come la conosciamo, o crediamo di conoscere.

Questa la notizia, che alla fin fine trovo poco interessante perchè evita di fare considerazioni su alcune implicazioni che un quadro universale come questo comporta, che proveremo ad esaminare. Come detto prima, userò la fantascienza: del resto molta della scienza attuale non è poi così distante da questa forma di intrattenimento letterario.

Tre racconti di fantascienza

Userò tre racconti: “The winds of time”Racconto di Chad Oliver, pubblicato originariamente nel 1958 e quindi nel 1968 in edizione italiana come “Le spirali del tempo”, “The forge of God”Prima parte del racconto di Greg Bear, edito in lingua italiana come “L’ultimatum” nel 1987 ed il suo seguito “Anvil of stars”Seconda ed ultima parte della storia di Greg Bear, edito in lingua italiana come “Il pianeta della vendetta” nel 1992.

Ho citato i titoli in lingua originale perchè, se devo dire, una volta tanto, l’idioma anglosassone dona ai titoli una potenza evocativa maggiore di quella in italiano. Vediamo brevemente queste storie.

In “Winds of time” un terrestre scopre e viene fatto prigioniero da un gruppo di alieni umanoidi, ibernati da millenni in una grotta. Gli alieni raccontano la loro storia e chiedono aiuto per scoprire il livello di civilizzazione raggiunto dai terrestri durante i millenni della loro ibernazione. Anche se scopriranno che la tecnologia dei viaggi interstellari non è ancora alla portata della specie umana, decideranno di ibernarsi ancora una volta per alcune centinaia di anni, nella speranza che i terrestri sviluppino la tecnologia necessaria, senza nel frattempo autodistruggersi. Ed infatti il romanzo termina così, con una maestosa nave spaziale che per così dire, saluta il risveglio degli alieni e del terrestre che ha deciso di unirsi a loro.

Nel racconto, prima di raggiungere la Terra, gli alieni esplorano decine di mondi suddivisi in tre categorie: mondi con la vita ma privi di una specie civilizzata, altri con invece civiltà ancora prive di scienza e tecnologia avanzate, e mondi privi di ogni forma di vita, distrutti da olocausti bellici causati dalla civiltà planetaria dominante. Ovunque nella galassia, le spedizioni di ricerca hanno trovato questo quadro desolante, e questa constatazione porta questa specie aliena umanoide a ritenersi eticamente superiore a centinaia di altre che si sono autodistrutte prima di arrivare ad esplorare lo spazio.


Olocausto nucleare
Olocausto nucleare. Credit MerandaD, Pixabay

Nel romanzo quindi, le civiltà raggiunta la tecnologia che permette l’autodistruzione, la usano e scompaiono, per cui la sola civiltà avanzata in una regione limitata del nostro universo in una determinata epoca cosmica, trova solo le vestigia di quelle che la hanno preceduta, prima della fatale ed apparentemente quasi inevitabile autodistruzione.

Nella seconda storia, più recente ed anche più “catastrofica” troviamo invece i soliti alieni “cattivi” alla “Indpendence Day” tanto per intenderci, che distruggono la Terra. La narrazlone è suddivisa in due volumi, con un arco temporale dilatato su vari decenni e termina con la “vendetta” dei terrestri sugli alieni che hanno distrutto la Terra. Ma nel farlo, distruggono volontariamente anche alieni incolpevoli, creati a scopo di inganno sul pianeta di origine dei “cattivi”, una specie ormai estinta che però continua con sistemi automatizzati ad attaccare e distruggere i mondi abitati da speci tecnologiche, identificate come potenziali rivali nella lotta per la sopravvivenza.

Il paradosso di Fermi.

Torniamo all’articolo scientifico, in cui due concetti mi hanno ricordato i romanzi che ho brevemente riassunto prima. Nel lavoro dei ricercatori viene infatti citato il paradosso di Fermi, ossia la seguente domanda posta dal fisico Enrico Fermi oltre mezzo secolo fa, su questo argomento: se ci sono innumerevoli civiltà nella galassia, “dove sono tutti quanti”?

Bella domanda.

Come descritto prima, i ricercatori nell’articolo avanzano varie speculazioni basati su modelli matematici di fenomeni basati sulla percolazione percolazione, basato su “sfere” di espansione centrate sul pianeta d’origine della specie: ma sulle eventuali implicazioni di queste “sfere” ci ritornerò tra poco.

Secondo loro quindi sino ad ora le civiltà occupate a colonizzare galassie ed intero Universo, non avrebbero ancora avuto tempo di espandersi abbastanza per rendere evidentemente il loro sforzo colonizzatore.

Nei ragionamenti di fondo trovo vagamente fallaci e troppo antropomorfici, i tentativi di modellare la psicologia aliena su “chi vuole esplorare” e chi invece è “tendenzialmente sedentario”; il paragone viene ricondotto quindi alle civiltà e culture del nostro pianeta: ma siamo davvero e sempre così “speciali”, da poter essere presi come “modello” dei modi del pensiero di altri esseri viventi?

Ed il paradosso di Fermi? Dopo oltre mezzo secolo tutto l’armamentario di speculazioni varie e svariate e delle ricerche SETI, dei postulati segnali alieni nelle frequenze delle onde radio, non ha fornito alcun dato e quindi non ha risposto neppure al paradosso.

O meglio, una possibile risposta indiretta l’ha data: niente radiomessaggi, per cui o nessuno può o vuole trasmettere volontariamente usando questa tecnologia, e questa è l’ipotesi che preferisco; oppure non c’è proprio nessuno che trasmette. E questa seconda ipotesi ci riporta alla storia narrata in “Winds of time”: magari la vita in grado di sviluppare civiltà, cultura e scienza non è presente attualmente attorno a noi oppure nel nostro vicinato cosmico ci sono solo mondi calcinati o ridotti a nubi di detriti e polveri, residui di antichi olocausti nucleari o di ancora più esotiche e mortali tecnologie belliche, al momento non ancora, fortunatamente, alla nostra portata. E noi? Noi, al momento avremmo da quasi un secolo, posto le nostre mani sulla maniglia della porta con su la scritta “AUTODISTRUZIONE” .
Un futuro tetro e pessimistico?

L’espansione delle civiltà.

Come si dice, al peggio non c’è mai fine, quindi peggioriamo ancora un pò la visione delle cose, con qualche altra considerazione…

Supponiamo che il paradosso di Fermi, sia solo legato al particolare momento temporale in cui la civiltà umana è diventata tecnologica: noi non possiamo ancora espanderci e la nostra sfera di espansione ha oggi raggio uguale a zero, mentre le sfere aliene, pur avendo raggio maggiore di zero, non ci hanno ancora raggiunto. Saremmo cioè in trepida attesa delle entusiasmanti prospettive conseguenti al “contatto”, citate in chiusura dall’articolo su Phyis.org.

Ricordiamo il secondo romanzo di fantascienza visto prima. Nel racconto la Terra viene per così dire “raggiunta” dalla sfera di espansione degli alieni “cattivi” e letteralmente fatta a pezzi con avanzate armi ad antimateria e nano-tcnologie.


Distruzione della Terra
La distruzione della Terra. Credit Urikyo33, Pixabay

Ma quello è solo un romanzo! La fantascienza immagina da sempre le guerre con alieni malvagi, mi potreste dire, e quindi perché prenderla così sul serio, mettendola a confronto con un’ipotesi scientifica?

Perché quando sento parlare di “sfere” di espansione, non posso non pensare che nell’ambiente naturale del nostro pianeta, l’intersezione degli sforzi espansionistici di animali sociali, quali per esempio formiche o termiti, sfociano immancabilmente in “guerre” in cui uno dei contendenti di solito viene completamente spazzato via.

Non ho usato la nostra specie come esempio, perché noi siamo molto, molto, molto… molto più bravi di altri speci viventi nell’infliggere morte e distruzione ai nostri simili.

A mio avviso quindi, sarebbe meglio non trovarsi “dentro” alla sfera di espansione altrui. Anche se forse il tempo di “permanenza” sarebbe breve.

Potrebbero essere giorni, come nel romanzo in cui il nucleo terrestre viene fatto esplodere mediante l’antimateria. Oppure potrebbero essere decine di anni, come nel caso dei nativi americani del XIX secolo, a cui era stato garantito il diritto a vivere liberi sulla loro terra sino “a quando le stelle brilleranno nel cielo”. Ma i bugiardi che fecero queste promesse non avevano comunque alcuna intenzione di mantenerle. E non le mantennero.

Citerò in conclusione un dialogo tra alieni e umani in un altro romanzo di fantascienza… siamo in conclusione, ancora uno concedetemelo. Sintetizzando: voi negoziereste con le formiche nella “vostra” cucina il diritto di sfruttamento del “vostro” zucchero contenuto nella “vostra” zuccheriera?

Uno dei personaggi di “Winds of time”, lo scrittore di romanzi Nlesine, avrebbe commentato tutto questo usando una sua battuta ricorrente nel libro: “Nlesine vede nero…”