La fenice infuocata… NGC 346

La Nube di Magellano e la costellazione del Tucano

Come voi sapete adoro le novità, così quando mi capitano sott’occhio mi incuriosisco e poi penso a voi dicendomi: interesserà per esempio a Lisa e Alice? O a Marco e alla Penny? Così le prendo, le faccio mie… e poi le espongo a voi lettori… Questa notizia arriva direttamente dalla conferenza stampa del 241° meeting dell’American Astronomical Society, che si è tenuta a Seattle nello Stato di Washington nel gennaio 2023. Sinceramente, ha dato molti spunti di studio agli astronomi, e tra questi, com’è la struttura ma soprattutto, qual’è la composizione di NGC 346.

Infatti, i ricercatori hanno osservato questo ammasso stellare aperto, all’interno della Piccola Nube di Magellano (SMC) e più precisamente, nella costellazione del Tucano, ad una distanza dalla Terra di 200.000 anni luce.
Qui gli astronomi hanno scoperto la presenza di nubi costituite da polveri e idrogeno in maggiore quantità rispetto a quanto previsto in precedenza, elementi costitutivi non solo delle stelle, ma anche dei pianeti; i pennacchi e gli archi di gas di questa immagine contengono due tipi di idrogeno.


Immagine della Piccola Nube di Magellano ripresa tramite VISTA
La Piccola Nube di Magellano e l’ammasso globulare Tucanae 47 ripresa in luce infrarossa dallo strumento VISTA. Credit: ESO

Nell’immagine successiva dell’ammasoo in NGC 346, il gas è rappresentato con colori differenti: il colore rosa rappresenta l’idrogeno eccitato, e si trova ad una temperatura di circa 10.000°C, mentre l’arancione indica la polvere associata all’idrogeno molecolare neutro e denso, che è molto più freddo, ossia ad una temperatura di circa -200°C. Il gas più freddo offre inoltre un ambiente eccellente per la formazione delle stelle, che a loro volta lo modificano: la radiazione di queste giovani stelle infatti disperde le dense nubi da cui hanno avuto origine. I numerosi pilastri di gas incandescente mostrano gli effetti di questa erosione stellare in tutta la regione. Nell’immagine infrarossa il blu è stato assegnato alla lunghezza d’onda di 2.0 micron (F200W), il verde a 2.77 micron (F277W), l’arancione a 3.35 micron (F335M) e il rosso a 4.44 micron (F444W).
Inoltre gli studiosi sondando questa regione, hanno trovato che le condizioni e la quantità di metalli all’interno della SMC, assomigliano molto a quelle esistenti nelle galassie miliardi di anni fa, durante un’epoca dell’universo nota come “mezzogiorno cosmico”, quando la formazione di stelle era al suo apice. Circa 2 o 3 miliardi di anni dopo il big bang, le galassie stavano formando stelle a un ritmo indiavolato; i fuochi d’artificio della formazione stellare di allora, danno ancora forma alle galassie che vediamo oggi.


NGC 346 Webb Space Telescope, NASA
Come potete vedere NGC 346, mostra pennacchi e archi di gas che contengono due tipi di idrogeno. Il gas rosa rappresenta l’idrogeno eccitato, che è tipicamente caldo, mentre il gas più arancione mostra l’idrogeno molecolare denso, decisamente molto più freddo. Credit: Webb Space Telescope,NASA, ESA, CSA, A. Pagan (STScI), N. Habel (USRA), L. Lenkic (USRA) and L. Chu (NASA/Ames)

L’astronoma e ricercatrice del principale team di ricerca Margaret Meixner, dell’Universities Space Research Association dice: “Una galassia durante il mezzogiorno cosmico non avrebbe un solo NGC 346 come la Piccola Nube di Magellano; avrebbe migliaia di regioni di formazione stellare come questa.” Poi afferma: “Ma anche se NGC 346 è ora l’unico e solo ammasso massiccio che forma furiosamente stelle nella sua galassia, ci offre una grande opportunità di sondare le condizioni che erano in atto nel mezzogiorno cosmico”.

Quindi osservando le protostelle ancora in fase di formazione, i ricercatori possono capire se il processo di formazione stellare nella SMC è diverso da quello che osserviamo nella nostra Via Lattea. I precedenti studi all’infrarosso di NGC 346, si sono concentrati sulle protostelle più pesanti aventi circa 5-8 volte la massa del nostro Sole. “Grazie a Webb, potremo esplorare protostelle più leggere, piccole come un decimo del nostro Sole, per vedere se il loro processo di formazione è influenzato dal minore contenuto di metalli”, ha dichiarato Olivia Jones del Centro Tecnologico Astronomico del Regno Unito, Royal Observatory Edinburgh, co-investigatore del programma.
Quando si formano, le stelle raccolgono dalla nube molecolare circostante gas e polveri, che si concentrano in un disco di accrescimento che alimenta la protostella centrale. Gli astronomi hanno rilevato gas intorno alle protostelle di NGC 346, ma le osservazioni nel vicino infrarosso di Webb rivelano per la prima volta anche le polveri in questi dischi.
Ed il co-investigatore del team di ricerca dell’Agenzia Spaziale Europea, Guido De Marchi afferma: “Stiamo vedendo i mattoni non solo delle stelle, ma anche potenzialmente dei pianeti. E poiché la Piccola Nube di Magellano ha un ambiente simile a quello delle galassie durante il mezzogiorno cosmico, è possibile che i pianeti rocciosi si siano formati nell’universo prima di quanto si possa pensare”.

Il gruppo per il suo lavoro, dispone anche delle osservazioni spettroscopiche prodotte dallo strumento NIRSpec di Webb, che sta continuando ad analizzare i dati, fornendo nuove informazioni sul materiale che circonda le singole protostelle e sull’ambiente circostante.