Toro

La Costellazione del Toro, tra pulsar ed ammassi stellari


Toro
Taurus – Tau
(credit: l’Astronomia, 1983)

Notevole costellazione zodiacale, che copre 797 gradi quadrati, caratterizzata da due peculiarità famose. La prima è la sua stella più luminosa, Aldebaran, apparentemente immersa in un notevole gruppo di stelle piuttosto appariscenti, le Iadi. Un asterismo di stelle forma una ‘V’ che dà l’idea della testa del Toro: da Aldebaran, che ne rappresenta l’occhio destro, si scende verso ovest sud-ovest, attraverso la doppia theta verso la gamma, che rappresenta la bocca. Si risale quindi verso nord-est attraverso la delta, sino alla epsilon, che è l’occhio sinistro. Dalla alfa e dalla epsilon partono le due corna, verso nord-est, le cui punte sono indicate dalle stelle beta (superiore) e zeta (inferiore); la stella beta era una volta contesa dalla costellazione dell’Auriga, poiché quattro delle sue stelle formano un pentagono ben noto agli amanti del cielo. La seconda peculiarità è offerta dalle Pleiadi, un gruppo di sei, sette stelline visibili ad occhio nudo a nord ovest di Aldebaran. II Toro è una costellazione ricca di stelle abbastanza luminose, posta in una magnifica zona di cielo contornata da Perseo, Auriga, Gemelli ed Orione.

Mitologia

Aldebaran, con Antares, Regolo e Fomalhaut, formava la quaterna delle “stelle regali” regolatrici del cammino del Sole. Aldebaran, significa in arabo “quella che segue” poiché è situata ad est delle Pleiadi. In ogni caso, il Toro è associato al simbolo della potenza, perché rappresentava il bue Api. Ci sono molte versioni nella mitologia greca sulle circostanze in cui Zeus, bellissimo dio, incontra la bellissima Europa figlia del re fenicio Agenore. Dunque… Un giorno Zeus, curioso come pochi, guardava dal suo monte Olimpo cosa facevano gli umani sulla terra, ad un tratto vide Europa e se ne innamorò; Europa era davvero molto bella, e generalmente passava il suo tempo a prendere il sole con le sue amiche sulle bianchissime spiagge della Fenicia.
Un giorno Zeus decise che non poteva fare a meno della bella ragazza, la voleva tutta per se, così si trasformò in un grande e possente toro bianco, si avvicinò ad Europa, e le si sdraiò accanto. Lei all’avvicinarsi di questa enorme animale ebbe un po’ di timore, ma poi visto che non le faceva nulla e addirittura le si sdraiava vicino, si rilassò ed incominciò ad accarezzarlo. Poi le sue amiche incominciarono a sfidarla, dicendole di provare a cavalcarlo e lei non se lo fece ripetere e salì in groppa al sontuoso animale. Zeus prima stette al gioco e poi all’improvviso incominciò a correre, lontano dalla spiaggia… rapendo così la bellissima Europa e portandola sull’isola di Creta.
Su questa isola greca Zeus amò Europa, e da questa unione nacque Minosse, che poi quando fu adulto divenne il re di Creta.
Zeus fece tantissimi doni ad Europa, le regalò persino un cane, che quando morì divenne la costellazione del Cane Maggiore.
Ma questa, come si suol dire, è un’altra storia…

Oggetti interessanti

Aldebaran (4h 33m; +16° 25′) la alfa del Toro, è una gigante rosso-arancione ed uno degli astri più luminosi (il tredicesimo) di tutto il cielo. La sua magnitudine è 0.86 e forse è leggermente variabile. Nell’antichità questa stella era vicina al punto 𝛾, ossia il punto in cui il Sole nel suo percorso annuale attraversa l’equatore celeste da sud a nord. Ma l’astronomo Halley vide che essa, insieme a Sirio ed Arturo, doveva aver cambiato considerevolmente la sua posizione rispetto a quanto riportato nei cataloghi più antichi; in altre parole, Halley scoprì quello che oggi chiamiamo il “moto proprio” delle stelle, cioè la proiezione del loro movimento nello spazio sulla volta celeste. Ciò è possibile anche perché Aldebaran è una stella relativamente vicina a noi, essendo la sua distanza di circa 68 anni luce. Un’altra particolarità è dovuta al fatto che Aldebaran è abbastanza vicina all’ellittica, cosicché essa è sovente occultata dalla Luna. Dalle osservazioni di questo fenomeno, sì è ricavato il suo diametro angolare: esso vale 0″.0199 ± 0″.0003, da cui conoscendo la distanza, si deduce che il suo diametro reale è 45 volte quello del nostro Sole.
Iadi. Si è detto che Aldebaran è contornata prospetticamente dall’ammasso delle Iadi, ed infatti queste ultime, pur costituendo uno degli ammassi più vicini a noi, si trovano ad una distanza che è doppia rispetto a quella di Aldebaran, ossia circa 180 anni luce. Ma quel gruppo così appariscente, esteso su circa 8 anni luce, non è che la parte centrale di un ammasso molto più esteso, chiamato “l’ammasso mobile del Toro”, comprendente un grande numero di stelle più deboli, tutte sparpagliate nella costellazione. Esse si spostano lentamente in direzione sud sud-est, verso Betelgeuse (la stella alfa di Orione). Esso sta di fatto allontanandosi da noi e nel futuro, non certo vicino, apparirà come un ammasso sempre più concentrato, per effetto prospettico. Delle diverse centinaia di stelle che si ritiene facciano parte delle Iadi, soltanto quattro sono giganti gialle arancioni (la epsilon, la gamma, la delta e la theta 1): le altre sono stelle normali, mentre numerose sono le nane bianche.
In base alla teoria dell’evoluzione delle stelle si calcola che l’ammasso delle Iadi sia relativamente giovane con un’età è stimata intorno ai 400 milioni d’anni. Le sue caratteristiche fisiche sono simili a quelle dell’ammasso del Presepe, e quindi si ritiene che possano aver avuto origine comune.

Stelle doppie

𝜮 422 (3h 34.2m; + 0° 26′) si trova 11′ a nord della stella n. 10, di magnitudine 4.4; è composta da due stelle arancione di magnitudine 6.2 e 9.0 separate di 6″.5.
𝜮 452 (3h 45.5m; +10° 59′) è la stella n. 30, azzurra di magnitudine 4.5 accompagnata da una stella di nona a 9″.
𝛷 (4h 17.3m;+27° 14′) è una doppia ottica; la primaria arancione, è di magnitudine 5.1 mentre la compagna, a 52″, è di ottava magnitudine.
𝛘 (4h 19.5m; +25° 31 ‘) è una coppia piuttosto larga (la separazione è di 19″) e le due stelle sono dissimili; la primaria bianca, è di magnitudine 5.5, mentre la secondaria è di 8.2.
𝜮 534 (4h 21.0m; +24° 11′) è la stella n. 62, di magnitudine 6.2, con una compagna di ottava a 29″; a 110″ c’è una terza stella di dodicesima.
𝜘 (4h 22.4m; +22° 8′) é una doppia composta dalla stella n. 65, biancastra con magnitudine 4.4 e dalla n. 67, bianca di magnitudine 6.7 a ben 339″.
𝜗 (4h 25.8m; +15° 46′) è un’altra coppia larga, nelle ladi, composta dalla stella n. 78 (la theta due) giallastra, di magnitudine 3.3 e dalla n. 77 (theta uno) arancione, di magnitudine 3.99 distanti 337″.
88 (4h 32.9m; +10° 4′) è una coppia facile; le componenti di magnitudine 4.1 e 8.5 sono separate da 70″.
𝛂 (4h 33.0m; +16° 25′): Aldebaran ha una compagna a 31″, di tredicesima, ed un’altra di undecima a 121″; questa è a sua volta doppia, con una separazione di 1″.7.
O𝜮 107 (5h 24.2m; +17° 55′) è la stella n. 115 di magnitudine 5.3 la quale è accompagnata da due stelline di decima a 10″.
𝜮 716 (5h 26.2m; +25° 7′) è la n. 118; le due componenti hanno magnitudine 5.9 e 6.7 separate da 5″.

Stelle variabili.

Ci sono molte variabili nel Toro, ma la maggior parte al di sotto della settima magnitudine. Citiamo quelle più facilmente osservabili o che rivestono una particolare importanza astronomica.
BU (3h 46.2m; +23° 59′) è Pleione (28 Tauri) una delle Pleiadi: essa varia tra le magnitudini 5.1 e 5.5.
λ (3h 57.9m; +12° 21′) è la n. 35 ed è una binaria ad eclissi parziali del tipo beta Lyrae, cioè a variazione continua, con un periodo di 3.95 giorni. AI minimo principale la stella cala da 3.3 a 4.1, mentre l’altro minimo è profondo appena un decimo di magnitudine. È composta da una stella azzurra e da una compagna bianca.
Citiamo inoltre i prototipi di altre tipologie di stelle variabili, non presenti nella mappa.
T Tauri (4h 19.1m; +19° 25′) è una variabile irregolare tra le magnitudini 9.4 e 13, posta nella nebulosa diffusa NGC 1555 nota come ‘nebulosa variabile di Hind; vennero scoperte dall’astronomo britannico John Russel Hind, nel 1852. La stella è fortemente irregolare, ed è il prototipo di numerose stelle simili al nostro Sole; sono stelle giovanissime formatesi da poco nella nube di gas e polveri in cui sono ancora immerse. La loro variazione luminosa è dovuta all’instabilità delle prime fasi dilla vita stellare. Queste stelle formano spesso dei gruppi stellari chiamati “associazioni T”.
RV (4h 44m; +26°6′) anche questa stella è molto debole e varia tra le magnitudini 9.5 e 13. È il prototipo di una classe non molto numerosa di variabili. RV Tau, in particolare, presenta delle alternanze di minimi più e meno profondi durante un periodo di tempo di circa 80 giorni. Ma a questa variabilità se ne sovrappone un’altra, a periodo molto più lungo, circa 3 anni e mezzo con successivi massimi e minimi. Durante questi ultimi, l’oscillazione precedente appare fortemente attenuata. Ci sono esempi anche più luminosi, con entrambi i tipi di variazione o solo il primo. Sono tutte stelle giganti e supergiganti gialle.

Ammassi e nebulose.

M 45 (3h 44.5m; +23° 57′) sono le Pleiadi, ammasso aperto notissimo sin dall’antichità perché ben visibile ad occhio nudo; nella seguente tabella sono riportate le componenti principali ed alcune loro caratteristiche.


NumeroNomeMagnitudine
16Celeno5.44
17Elettra3.70
185.65
19

Taigeta4.29
20Maia3.86
21 + 22Asterope5.64 + 6.41
23Merope4.17
25 (𝛈)Alcione2.86
27Atlante3.62
28 (BU)Pleione5.5 ⬅︎➡︎ 5.1

Le stelle visibili sono 6/7 e da ciò il famoso mito della Pleiade che si nasconde, ma molti osservatori visuali, ne hanno viste anche di più ad occhio nudo. Oltre cento anni fa Swift scopriva che attorno a Merope (n. 23) c’era una nebulosità chiara; oggi la fotografia a lunga posa rivela che esiste una nebulosità diffusa attorno a tutte le stelle più brillanti che la rendono luminosa.


Gorda: Pleiadi's images
Immagine delle Pleiadi, ripresa dal Gorda. Credit: Francesco Fumagalli

È un ammasso galattico tra i più vicini, ma la sua distanza è all’incirca il triplo di quella delle ladi (intorno ai 410 anni luce). Le stelle più brillanti (vedi tabella) sono comprese entro 1° di diametro e sono tutte giganti bianco azzurre. Mancano tra le di Pleiadi le giganti rosse e l’interpretazione di questo fatto mediante la teoria dell’evoluzione stellare, fa ritenere queste stelle molto più giovani di quelle appartenenti alle ladi; questo porta a stimare la loro età ad alcune decine dì milioni d’anni. Tra le stelline più deboli e più fredde (arancione e rosse) alcune a sono classificate come ‘flash stars’, che presentano rapidi ed improvvisi aumenti di luminosità, della durata di qualche minuto o qualche ora. L’interpretazione di questa variabilità é che si traiti di stelle motto giovani, forse del tipo T Tauri (di cui si è parlato prima) o un po’ più evolute. Anche questo fenomeno conferma la giovane età delle Pleiadi. Altra caratteristica in comune con le ladi è lo spostamento nello spazio, in direzione però sud sud-est.
NGC 1647 (4h 43.2m; +18° 59′) è un ammasso aperto, con alcune decine di stelle luminose sparse su 40′; la magnitudine globale è intorno a 6.5.
NGC 1746 (5h 0.6m; +23° 14′) è un altro ammasso aperto, esteso come il precedente (diametro 45′), con diverse decine di stelle visibili; la magnitudine globale è 6.1.
M 1 (5h 31.5m; +21° 59′) ha la sigla NGC 1952 ma è nota con molti altri nomi di cui il più celebre è ‘Crab Nebula’, cioè la nebulosa Granchio e non del Granchio, come spesso viene scritto; il nome le è stato attribuito a causa del suo aspetto simile a questo crostaceo. Questo celebre residuo di supernova si trova poco più di un grado a nord-ovest della stella 𝞯 (zeta) Tauri, che indica la punta del corno inferiore del Toro. Rammentiamo che fu la scoperta di questo oggetto nel 1758 (ma era stato già osservato da Bevis, nel 1731) ad indurre Messier a compilare il suo famoso catalogo. Le dimensioni apparenti della nebulosa al telescopio sono 5′ x 3′, ma solo le immagini riprese con strumentazioni professionali ne mettono in evidenza la complessa struttura. Nel 1921 si scoprì che la nebulosità si stava espandendo, in media, di 0″.2 all’anno. Da questo si valuta, tenendo conto di altri fattori, che l’esplosione sia avvenuta circa 1000 anni fa. Ciò è in ottimo accordo con le registrazioni fatte da astronomi cinesi riguardanti una “stella ospite” apparsa nel 1054. La nebulosa è formata da una fitta rete di filamenti immersi in una nube di gas, ed entrambi emettono luce. Nel centro appaiono due stelline, quella a sud ovest, calda e azzurra, è ii residuo dell’esplosione.
La complessa natura di questo oggetto è stata scoperta nel giro di vari decenni del secolo scorso. Nel 1948 venne individuata la sua natura di intensa radiosorgente, nel 1963 giunse la scoperta che sia la stella che la nebulosa erano intense sorgenti di raggi X, ed infine nel 1968 Jocelyn Bell scoprì che anche la stellina centrale della Nebulosa Granchio emetteva degli impulsi radio, con un periodo di soli 33 millesimi di secondo; impulsi con la stessa frequenza furono poi rilevati anche nei raggi X e nel visibile. Il modello che descrive il residuo di supernova è quello di un oggetto compatto, caratterizzato da dimensioni ridotte (diametro dì pochi chilometri, una enorme densità ed un intenso campo magnetico che genera un intenso fascio di radiazioni. L’oggetto è in rapida rotazione ed essendo disallineati l’asse di rotazione e quello del campo magnetico, il fascio energetico investe la Terra in modo simile a ciò che avviene con un faro per segnalazioni.