Cani da Caccia

Cani da Caccia, al perenne inseguimento dell’Orsa Maggiore


Cani da Caccia
Canes Venatici – CVn
(credit: l’Astronomia, 1983)

La costellazione dei Cani da Caccia (da alcuni detta anche dei Levrieri) copre un’area di 465 gradi quadrati e possiamo osservarla a sud della coda dell’Orsa Maggiore, nella regione compresa tra questa ed il Boote, che si trova ad est. L’unica stella brillante è la alfa (lettera assegnatale da Bode, come per la beta), la numero 12 nella catalogazione di Flamsteed; oggi il suo nome è quello di Cor Caroli (ovvero il Cuore di Carlo), definizione questa dovuta alla fantasia di Halley. All’epoca di questo astronomo, che ha per primo ha calcolato le caratteristiche orbitali e predetto il ritorno della famosa cometa periodica 1P/Halley, la stella veniva infatti rappresentata da un cuore incoronato. È l’unica a superare la terza magnitudine (2.89). Troviamo poi la beta, Chara (ma in alcuni cataloghi la indicano col doppio nome Asterion/Chara) o numero 8, avente magnitudine visuale 4.5; tutte le altre (e sono complessivamente poche stelle) non superano la quinta. Dal punto di vista osservativo, la costellazione è comunque importante per la presenza al suo interno di un gran numero di galassie.

Mitologia

A differenza di altre costellazioni, i miti riguardanti i Cani da Caccia sono pochi e non molto noti, anche perché venne per così dire “modificata” in epoca moderna fu infatti intorno al 1660 che Hevelius disegnò in questa plaga due cani che si slanciano contro l’Orsa, trattenuti al guinzaglio da Boote. Ma è curioso notare che le sue due stelle principali, la alfa e la beta, portavano anticamente i nomi di Chara ed Asterion: Il primo è rimasto anche oggi, ma solo associato alla beta, anche se alcuni cataloghi riportanno questa stella col doppio nome Chara/Asterion.


La stella Chara nei Cani da Caccia
La posizione di Chara (beta CVn) in una rappresentazione artistica. Credit: Stellarium v. 1.2

E mitologicamente questi erano proprio due cani: quindi Hevelius avrebbe semplicemente riesumato e modificato una precedente descrizione basata sul mito, rendendo ancora oggi “confusa” l’identificazione di questi oggetti? Ad ogni modo, è abbastanza inutile cercare di riconoscere le fattezze di due cani, poichè la costellazione è semplicemente rappresentata nelle cartine da una linea che unisce la alfa e la beta… Una storia curiosa quindi, di cui magari riparleremo.

Stelle doppie

𝞪 (12h 13.6m; +40°56′). La stella più brillante è pure una interessante stella doppia composta dalla primaria bianca di magnitudine 2.9 e la secondaria giallastra, di magnitudine 5.5. II notevole contrasto di luminosità ha fatto si che molti osservatori abbiano percepito una notevole differenza di colore, stimando la prima addirrittura di colore giallo-oro, arancione e verde e la secondaria blu, oliva o rame pallido, lillà… e così via. La separazione è poco meno di 20″ ed apparentemente la mutua posizione non sembra sia cambiata sin dalla sua scoperta. Le due stelle debbono quindi costituire una coppia fisica, che si sposta unita nello spazio. La distanza, un po’ incerta, è sui 120 anni luce. La primaria è molto interessante per gli astrofisici, anzi, è il prototipo delle cosiddette “spettrovariabili magnetiche”. Già agii inizi del secolo scorso si notò che alcune righe dello spettro variavano di intensità e presto si riconobbe che questa variazione era periodica (in cinque giorni e mezzo); in seguito poi si scoprì che anche la sua luce variava, seppur lievemente, con uguale periodo; infine, circa sessant’anni fa, si notò che la stella aveva anche un forte campo magnetico, pure variabile. Il modello accettato per spiegare tutti questi fenomeni è quello di un oggetto avente un campo magnetico oscillante che altera lo stato fisico degli strati più esterni.
2 (12h 13.6m; +40°56′) è una doppia relativamente facile, dato che le sue componenti (una gialla di magnitudine 5.9 e l’altra blu di 9.0) sono separate di circa 11″
∑ 1645 (12h 25.7m; +45°4′) è una doppia facilmente riconoscibile perché è posta in un campo povero di stelle. Le magnitudini sono 7.4 e 8.0 e la separazione sui 10″.
261 (13h 9.7m; +32°21′) può essere individuata nella parte più a sud della costellazione, vicino al bordo est, verso la Chioma di Berenice; è composta da due stelle quasi uguali (magnitudine 7.3 e 7.5) distanti solo 2″.
25 (13h 35.2m; +36°33′) è l’unica coppia relativamente brillante che presenti un moto orbitale; il periodo è sui 240 anni. Attualmente la separazione delle due componenti (una gigante gialla di magni-tudine 5.1 e la compagna di 7.1) è di circa 2″.

Stelle variabili

Oltre alla alfa citata precedentemente, elenchiamo le seguenti:
Y CVn (12h 42.8m; +45°43′) è una variabile semiregolare, che in circa 158 giorni oscilla tra le magnitudini 5.2 e 6.6. Padre SecchiIl padre gesuita Angelo Secchi è stato un astronomo, direttore dell’Osservatorio del Collegio Romano. Formalizzò le tecniche della spettroscopia astronomica, applicandole per primo alla classificazione stellare. definì questo astro “La Superba” per il suo spettro: è una stella molto rossa, anzi, in assoluto una delle stelle più rosse visibili ad occhio nudo. È una stella “al carbonio”, così definita per i forti assorbimenti presenti nel suo spettro dovuti a molecole contenenti questo elemento. La presenza di questi composti molecolari implica inoltre che sia una delle stelle aventi una superficie con una temperatura estremamente bassa, ossia intorno a 2600 °K.
TU CVn (12h 52.7m; +47°28′) è pure una. variabile ma irregolare, variando tra 5.8 e 6.7. Anche questa stella ha un colore rosso molto intenso, quasi quanto la precedente.
V CVn (13h 17.3m; +45°47′) altra variabile semiregolare rossa; varia in circa 192 giorni tra 6.8 ed 8.8.
R CVn (13h 46.8m; +39°47″) è pure una gigante rossa a lungo periodo; essa varia ra 6.5 e 12.8 in 328 giorni.

Ammassi e nebulose

NGC 5272 (13h 39.9m; +28°38′) è noto anche come M3 nel catalogo di Messier, che scoprì questo ammasso globulare nel 1764. Ha una magnitudine totale di 6.4, un diametro visibile di 9′.8 e fa parte di un piccolo gruppo di ammassi globulari, che si addensano attorno ai polo galattico boreale. Fotografie fatte col telescopi di grande apertura hanno permesso di contare al suo interno circa 45.000 stelle, in una corona circolare con distanza dacompresa tra circa 20′ e 8′ dal centro; si stima che il numero totale potrebbe raggiungere parecchie centinaia di migliaia. Tra esse c’è un notevole numero di stelle variabili a corto periodo (minore di un giorno) che furono chiamate per questo motivo “variabili di ammasso”. Oggi esse sono denominate “cefeidi del tipo RR Lyrae”. Poiché da numerosi studi si sa che la loro magnitudine assoluta visuale è intorno a -0.5 e siccome quella osservata è 15.7, si può ricavare la distanza dell’ammasso al quale appartengono tramite una nota formula formulaM = m – (5 • log10 d) + 5. La distanza d é è espressa in parsec, e la regola può essere usata per ricavare la magnitudine assoluta M conoscendo la distanza di una stella, o viceversa ricavare la distanza se M è nota: si trova allora un valore attorno ai 35.000 anni luce. Inoltre, dallo studio della distribuzione della luminosità di tutte le stelle a seconda del loro colore, si è dedotto che l’ammasso dovrebbe avere circa 10 miliardi di anni di età.
NGC 5194 (13h 27.8m; +47°27′) è la famosa galassia M51 a forma di girandola, la prima galassia spirale ad essere osservata. Situata a circa 3°.5 a sud-ovest della UMa, ha una magnitudine globale di 8.7 e dimensioni 10′.0 x 5′.5. È una spirale di tipo Sc, che dista da noi 35 milioni di anni luce. Fu scoperta da Messier nel 1773, e solo successivamente, nel 1845, Lord Rosse ne riconobbe la forma spirale. M51 ha per compagna NGC 5195, che è un esempio di galassia interagente, alla quale è connessa mediante uno dei suoi bracci; le due galassie mostrano un processo di interazione mareale che ha modificato la struttura di entrambe.


Messier 51 e (la "galassia vortice") e la sua compagna
M51 e la sua compagna NGC 5195 in una immagine del telescopio spaziale Hubble. Credit: NASA, ESA, S. Beckwith (STScI/AURA)

Messier 51 in una immagine ripresa con telecameraa SBig ST4 (anno 1994)
Messier 51 e la supernova 1994i esplosa in questa galassia nella primavera del 1994. Credit Renato Polloni

Nella tarda primavera del 1994 ho ripreso questa immagine di M51 e della supernova 1994i esplosa al suo interno. Nell’ingrandimento della piccola immagine originale, la supernova è l’intensa sorgente luminosa situata a sinistra e poco sopra al nucleo galattico (facendo riferimento al quadrante di un orologio analogico, a ore 11), e per quanto la risoluzione angolare non sia ideale, poichè la supernova è “spalmata” su vari pixel e quindi non sufficientemente puntiforme, ne risulta comunque una vivida rappresentazione del concetto per cui “una supernova arriva a brillare per un breve intervallo di tempo quanto l’intera galassia che la contiene“. Questa immagine, ripresa mediante un Celestron C8 (diametro 20 cm.) ed una telecamera SBig ST4, oltre all’impressionante fenomeno cosmico che rappresenta, fornisce anche una testimonianza dei continui progressi tecnologici che caratterizza la ripresa di immagini. Le caratteristiche del dispositivo erano queste:

• sensore CCD (non CMOS)
• dimensioni di 2.64 x 2.64 millimetri
• 192 x 165 pixel, 31680 in totale, di forma rettangolare
• immagini digitalizzate a 8 bit, con 256 livelli di luminosità
• raffreddamento termoelettrico, utilizzato per portare il sensore a circa 0 °C
• formato immagine proprietario, le dimensioni immagine erano di circa 32 kbyte
• anno 1989.

La descrizione di questo strumento magari farà sorridere, ma bisogna tener presente che in quegli anni i formati digitali delle immagini come il JPEG, erano agli albori e persino non necessari, viste le caratteristiche dei dispositivi di ripresa dell’epoca. Se paragoniamo la tecnologia di una ST4 con quanto installato oggi in un cellulare anche economico, il confronto può apparire impietoso… Però questa telecamera, dotata di un dispositivo termoelettrico di raffreddamento che limitava i disturbi generati dell’elettronica di controllo, ha fatto allora quello che nessun “iper tecnologico” telefonino di oggi fa… o farà in un prevedibile futuro: riprendere la morte catastrofica di una stella ad una distanza di oltre 30 milioni di anni luce dalla Terra.



NGC 5055 (13h 13.5m; +42: 17′) è una brillante galassia spirale nota anche come M63 e scoperta nel 1779 da Méchain. Catalogata come galassia di tipo Sb, ha una magnitudine globale di 10.0 e dimensioni 9′.0 x 4′.0; presenta una doppia struttura spirale.
NGC 4736 (12h 48.6m; +41: 23′) galassia spirale di forma quasi circolare e molto compatta. È nota anche come M94 e venne scoperta da Méchain nel 1781. Di tipo Sb, ha magnitudine globale 8.9, e dimensioni 5′.0 x 3′.5. La sua posizione è individuabile facilmente con un piccolo telescopio, poiché forma un triangolo isoscele con le stelle alfa e beta.