La costellazione della Lira, l’arpa celeste degli dei
È una piccola costellazione, con una superficie di 286 gradi quadrati ed è posta al bordo della Via Lattea, pur contenendo ugualmente numerosi oggetti interessanti. È facilmente individuabile perché la sua stella principale, Vega, è tra le più luminose stelle del cielo. Per quasi metà anno, tra maggio ed ottobre, è osservabile alle nostre latitudini ed anzi, nei mesi estivi è quasi allo zenit, precedendo di poco la croce del Cigno. Ha la caratteristica di presentare numerose coppie di stelle ben separate ed una di esse è addirittura una doppia-doppia.
Mitologia
Per il Flammarion non c’è alcun dubbio nel riconoscere nel quadrilatero formato dalle stelle beta, gamma, delta ed epsilon, collegato a Vega con un manico, lo strumento musicale anticamente chiamato lira, cetra oppure arpa; evidentemente la fantasia non gli mancava… come non mancò agli antichi quando, si dice, vollero portare in cielo la lira di Ermete (il dio Mercurio dei Romani) che passò poi nelle mani di Orfeo. Eppure la costellazione ebbe anche il nome di “Tartaruga”, ma sembra soltanto perché la leggenda dice che Ermete costruì lo strumento con la corazza d’una tartaruga. Pìù tardi però si unì alla lira un avvoltoio e la costellazione ricevette anche il nome di “Avvoltoio in picchiata”. Del resto, il nome della stella Vega deriverebbe da quest’ultima interpretazione, poichè secondo alcune fonti, discenderebbe dal nome arabo Al-Nasr-al-Waki che avrebbe proprio questo significato. Certo che la confusione è notevole se pensiamo che la beta, il cui nome è Sceliak, significherebbe secondo alcuni “arpa bizantina” e secondo altri ancora “tartaruga”. Forse per dar ragione a tutti… nelle carte del Medio Evo venne spesso rappresentata come un uccello rapace con una una lira davanti.
Alle notizie dell’articolo originale sulla mitologia riguardanti la costellazione della Lira, voglio aggiungere alcune ulteriori informazioni, che è possibile trovare oggigiorno in rete, riguardanti le mitologie di altre culture degli antichi Medio ed Estremo Oriente.
Le antiche civiltà del Vicino e Medio Oriente indicavano vega con vari nomi: gli Assiri chiamavano la stella Dayan-same (“Giudice dei Cieli”), mentre in Accadia era Tir-anna, (“Vita del Cielo”); a queste denominazioni evocative e ricche di significato, si contrappone quella babilonese che veniva impiegata per vari astri, ossia Dilgan (“il Messaggero della Luce”)1.
Nell’Estremo Oriente, Cina, corea e Giappone, Vega era legata ad un mitico “amore contrastato”, tra una coppia di coniugi con due figli, chiamata in Cina “I Sette Crepuscoli“. Una storia basata su uno dei più potenti archetipi inconsci della specie umana, ossia l’amore che giunge ad un felice anche se, in questo caso, momentaneo coronamento. In questa poetica narrazione, Vega è la parte femminile della coppia, mentre Altair (la 𝛂 della costellazione dell’Aquila) è la parte maschile2; i due si ritrovano separati da un fiume, che in cielo è rappresentato dalla Via Lattea, e possono incontrasi per un solo giorno ogni anno.
E per una stella così luminosa ed appariscente, non mancano ulteriori significati magici ed esoterici, che lascio approfondire al gusto dei lettori.
Oggetti notevoli
Vega è la quinta stella più lumìnosa di tutto il cielo e, con Deneb (la stella alfa del Cigno) ed Altair (l’alfa dell’Aquila) più a sud, forma un magnifico triangolo visibile nei mesi estivi. La sua magnitudine é 0.04 ed é una stella bianca posta a circa 27 anni luce da noi; possiede una massa due volte superiore a quella del Sole. A causa della precessione degli equinozi, ossia Io spostamento di direzione nello spazio dell’asse di rotazione della Terra, Vega era la stella polare circa 14 secoli fà é lo diverrà nuovamente tra altri 12. Ricordiamo ancora che è quasi nella direzione di questa stella che tutto il Sistema Solare si sta muovendo con una velocità di circa 19 km/s. Mediante tecniche interferometriche si é riusciti a misurarne il diametro angolar, che risulta essere 0.0037 secondi d’arco! Nota la distanza, si deduce che il suo diametro reale è tre volte quello dei Sole. Vega fu inoltre la prima stella ad essere fotografata con un telescopio nel 1850.
𝛃 è una stella bianco-azzurra, di magnitudine 3.38 quando è al massimo di luminosità: infatti è variabile e la sua variabilità venne scoperta ancora nel 1784 da John Goodricke. È divenuta il prototipo di una classe di stelle doppie e variabili ad eclisse, le quali presentano la forma della “curva di luce”Curva che mostra la variazione della luminosità di una stella in funzione del tempo simile a quella di beta Lyrae. La luminosità varia con continuità dal massimo al minimo principale ossia 4.1 magnitudini, poi risale al massimo per discendere quindi al minimo secondario di 3.8 magnitudini e risalire ancora una volta sino al valore massimo: tutto questo con un periodo di 12.9 giorni.
Gli studi più recenti hanno rivelato che (mi si perdoni il bisticcio) beta Lyrae non è una tipica stella del tipo “beta Lyrae”: in realtà è un oggetto difficilmente interpretabile. La componente principale è la stella bianco azzurra che si osserva, mentre è molto più difficile é comprendere cosa sia la compagna. Ci deve essere una gran quantità di materia che sfugge dalla primaria e si riversa sulla secondaria ed anche nello spazio circostante. Dalle osservazioni si deduce che la secondaria abbia più massa della principale. Un modello per questo sistema stellare considera che sia già avvenuto un notevole scambio di massa tra la componente visibile e l’altra, e che quindi adesso questultima si trova inviluppata in un denso anello o strato di materia che ne impedisce la visione; non è mancata l’idea che questo oggetto sia invece un buco nero (vedi la descrizione del Cigno, voce Cyg X-1). Infine beta Lyrae ha quattro compagni visuali, piuttosto distanti.
Stelle doppie
𝛿1 e 𝛿2. Queste due stelle, la prima di colore azzurro e la seconda una gigante rossa, rispettivamente di magnitudini 5.51 e 4.52, sono separate di più di 10′ e sono quindi osservabili già con un binocolo, offrendo un magnifico contrasto di colore. Pur così separate, sembra siano legate fisicamente. Inoltre la 𝛿2 è probabilmente variabile tra 4.5 e 5.0.
ε1 e ε2. È uno dei più noti esempi di “doppia doppia”. Si individua a 1°.5 a nord ovest di Vega, e con un binocolo si possono già distinguere bene le due componti, poichè sono separate di 3′.5, mentre utilizzando invece un telescopio si scopre che ciascuna è una doppia stretta. La stella più a nord (epsilon 1) è infatti composta da due stelle bianche di magnitudini 5.1 e 6.0, separate tra loro di circa 2″.8; sembra che la più luminosa delle due sia a sua volta doppia. Le due componenti hanno percorso, dalla loro scoperta, solo un piccolo tratto della loro orbita, cosicché questa è molto incerta come pure il neriodo di rivoluzione, che potrebbe essere di circa 1200 anni. La stella più a sud (epsilon 2) ha attualmente la medesima separazione, 2″.6, e le magnitudini delle componenti, anch’esse di colore bianco, sono 5.1 e 5.4; per questi due astri è stato dedotto un periodo di circa 585 anni.
Ϛ1 e Ϛ2 . È un’altra facile doppia visuale, composta pure da due stelle bianche, di magnitudine 4.5 e 5.5, distanti tra loro 44″; sono presenti nel campo alcune altre stelline più deboli.
𝝂1 e 𝝂2. Sono due stelle ben separate tra loro, indicate anche con i numeri 8 e 9 di Flamsteed; la prima, azzurra, ha due compagne distanti di undicesima magnitudine, mentre la seconda, di colore bianco, ha una compagna di tredicesima a 19″.
𝛽 648 (18h 55.2m; +32° 50′) si trova a poco meno di due gradi ad ovest della beta. È una binaria piuttosto rapida, dato che il periodo è dì 61 anni, composta da una stella gialla di magnitudine 5.2 ed una compagna più arancione di 7.7 separate, in questi anni, di 1″.1.
𝛾 (18h 57.1m; +32° 37′) è una stella di terza grandezza che ha una compagna ottica di dodicesima grandezza, ad una distanza di 14″.
𝜂 (19h 12.1m; +39° 4′) anche in questo caso si tratta di una doppia ottica: la stella principale di magnitudine 4.5 ha a 28″ di distanza una compagna di magnitudine 8.7.
𝜗 (19h 14.6m; +38° 3′) una stella arancione che ha una compagna di decima magnitudine a circa 100″.
Stelle variabili
R (18h 53.8m; +43° 53′) è una brillante stella rossa variabile semiregolare; varia tra le magnitudini 4.1 e 5.0 in 46 giorni.
XY (18h 36.5m; +39° 37′) questa variabile irregolare rossa si trova a a nord di Vega, variabile tra la magnitudine 6.1 e 6.7.
RR (19h 23.9m; +42° 41′) si trova ai confini col Cigno e sebbene sia debole, abbiamo riportato questa variabile perché è il prototipo di un grandissimo insieme di pstelle pulsanti, collegabile con la grande famiglia delle Cefeidi. Queste variabili vennero inizialmente chiamate “cefeidi d’ammasso” dato che vennero scoperte numerose negli ammassi globulari; oggi sono conosciute col nome di “tipo RR Lyrae” e sono caratterizzate da un periodo d’oscillazione molto corto, in genere inferiore ad un giorno, sebbene qualcuna superi questo limite. RR Lyrae rimane ancora la più brillante tra tutte; venne scoperta nel 1901 e la forma della curva di luce mostra una dìscesa lenta dal massimo di 6.9 sino ai minimo di 8.0 ed una più rapida ascesa verso il massimo, il tutto in 0.567 giorni. È una stella quasi bianca ed è più azzurra al massimo. Bailey, che seguì un notevole numero di esse, le classificò in tre sotto classi individuate dalle lettere a, b e c a seconda della forma della curva di luce. II gruppo c presenta periodi inferiori a dodici ore e la curva di luce più arrotondata, sinusoidale, e di minor ampiezza. Dato che la curva di luce dei sottotipi a e b è praticamente simile, oggi si preferisce riunire queste stelle nel sottotipo ab. Una caratteristica importante è che, a differenza delle cefeidi classiche, le RR Lyrae mostrano di avere tutte la medesima luminosità assoluta (cioè splendore intrinseco) ed una ristretta gamma di tipi spettrali. Oggi si ritiene che la magnitudine assoluta sia +0.4. In questo modo risultano dei buoni indicatori di distanza perché dalle osservazioni si ha la magnitudine apparente e dalle due si ricava la distanza con una nota formula. Come s’è detto, appaiono numerose negli ammassi globulari (ma qualcuno non ne contiene affatto) e sono ritenute far parte della popolazione dell’alone che circonda la nostra galassia, la cosiddetta Popolazione II di Baade. Molto utili finché si tratta della nostra galassia, non lo sono più al di fuori, perché troppo deboli. Anzi, fu proprio la impossibilità di osservarle nella Galassia di Andromeda che portò Baade ad affermare che la distanza sino allora accettata per essa (e per altre galassie) doveva esser sbagliata e si dovettero rivedere i calcoli che portarono a raddoppiare tutte le distanze.
Ammassi e nebulose
NGC 6779 (19h 14.6m; +30° 5′) noto anche com M65, è un ammasso globulare situato nella parte meridionale della costellazione, ai confini con la parte, pure meridionale, del Cigno; è a metà strada tra la beta del Cigno e la gamma della Lira. Scoperto da Messier nel 1779, venne risolto in stelle cinque anni dopo da Herschel. Di magnitudine globale 8.5 ha un diametro di circa 2 o 3′.
NGC 6720 (18h 51.7m; +32° 58′) è la famosa nebulosa planetaria della Lira M57, detta “ad anello”. Rammentiamo qui che il termine “planetaria” significa che si osserva un dischetto, simile a quello mostrato dai pianeti. Anzi, fu proprio l’astronomo Darquier, che la scoprì nel 1779, a descrivere il suo aspetto come un disco grande come Giove e simile ad un pianeta. È facilmente localizzabile tra la beta e la gamma, un po’ più vicina alla prima. La luminosità globale è intorno alla nona, le dimensioni angolari di circa 60″ x 80″ ed il colore è azzurro. Occorre uno strumento discreto per stinguerne i dettagli. Si sa che un altro debolissimo alone più esterno la circonda tutta. Al centro si trova una stellina di quattordicesima grandezza, molto calda ed azzurra, avviata verso gli ultimi stadi della vita, prima di diventare una nana bianca. È fa responsabile principale della luce emessa dal gas che costituisce la nebulosità che la circonda, particolarmente nel colore giallo-verde, al quale l’occhio umano è più sensibile. Le fotografie mettono invece in evidenza anche altri colori, che vanno appunto dal blu nella parte interna, via via verso il giallo ed il rosso nelle parti più esterne. Ciò è dovuto ad elementi diversi che emettono righe particolari di colore diverso. Questo involucro gassoso di forma sferica è enormemente esteso e cratterizzato da una bassissima densità; è oggi Indubbio che la sua origine sia dovuta alla stella centrale che, in una certa fase della sua vita, ha eiettato nello spazio un po’ della materia che costituiva i suoi strati superficiali. Probabilmente questo fenomeno è caratteristico di vari tipi di oggetti, i quali comunque, si trovano a non poter più produrre nel loro interno l’energia necessaria per mantenersi in equilibrio e risplendere. Essi allora sí contraggono rapidamente, espellendo però la loro parte esterna nello spazio. Dalla velocità con cui la nebulosità si sta espandendo oggi e supponendo che sia rimasta costante sin dall’inizio, si ritiene che il processo sia avvenuto circa 20 mila anni fa.