Autore: Renato Polloni Data: 27 Settembre 2024

La parte oscura dell’universo: buchi neri primordiali

Esistono ed è possibile rivelare buchi neri primordiali?

L’astronomia attuale postula la presenza nel nostro Universo di un particolare tipo di materia, non rilevabile direttamente mediante la nostra strumentazione, a differenza di pianeti, stelle, nebulose e galassie, che osserviamo in varie lunghezze d’onda dello spettro elettromagnetico.

Questa materia è ormai denominata da decenni come “oscura”: pur non emettendo alcuna radiazione elettromagnetica è stata introdotta per giustificare l’interazione gravitazionale con la materia “luminosa”Tutta la materia, di cui facciamo esperienza mediante i nostri organi di senso o strumentazione, scambia nelle sue interazioni, direttamente oppure indirettamente, radiazioni elettromagnetiche. negli ambiti dei moti stellari nelle galassie e di quelli a vasta scala nell’Universo.

La storia della materia oscura è strettamente connessa a quella della moderna astronomia: mediante osservazioni e ricerche effettuate dalla seconda parte del secolo scorso sino ad oggi, è diventata una branca della ricerca astronomica con enormi implicazioni sul pensiero nel campo della fisica di base e della cosmologia.

In questo articolo, non voglio però parlare di questa lunga ed affascinante storia del pensiero astronomico, di cui magari vedremo alcuni aspetti in un futuro contributo, descrivendo invece una recente ricerca relativa ad una possibile tipologia di materia oscura: nessuna materia “esotica”Stante l’attuale mancanza di una evidenza osservativa diretta della materia oscura, un enorme numero di studi teorici ha proposto varie tipologie di materia, ancora ignote e mai osservate nello studio delle particelle elementari., bensì una classe di oggetti astronomici postulati teoricamente mezzo secolo fa e mai osservati sperimentalmente sino ad ora: i buchi neri primordiali, pittorescamente denomianti anche come “mini buchi neri”.

Che cosa sono i buchi neri primodiali

Essenzialmente, per le nostre attuali concezioni sulla gravità, un buco nero è costituito da un enorme quantità di materia in un ridotto volume spaziale, la cui forza attrattiva non è bilanciabile in alcun mdo dalla pressione opposta dalla materia degnereViene definita in questo modo lo stato della materia in cui le particelle non possono essere compresse oltre valori di densità determinati dal principio di esclusione di Pauli.; in conseguenza, un oggetto particolare di questo tipo è in grado di alterare localmenteA seconda delle massa, i buchi neri possono influenzare l’ambiente circostante anche a scala enorme, oltre i confini della galassia di appartenenza. Un esempio di questo tipo è il buco nero nella galassia M87. la struttura dello spazio tempo, modificandone pesantemente le proprietà, in modo molto complesso da descrivere. In modo semplicistico, possiamo dire un buco nero cambia le proprietà dello spazio-tempo e del connubio materia – energiaPoichè energia e materia sono legate dalla relazione relativistica E = mc2., rendendole differenti da quelle a noi note comunemente.


Formazione di un buco nero di taglia stellare
Diagramma spazio-tempo di una stella in fase di collasso e sviluppo di un buco nero. Credit: ⒸBollati Boringhieri, Hannelore e Roman Sexl, Nane bianche e buchi neri (1981)

Senza addentrarci in queste caratteristiche, descritte attualmente mediante complesse trattazioni che coniugano la relatività generale e la meccanica quantistica, possiamo vedere nella figura precedente un esempioDefinito diagramma spazio-temporale. in cui è rappresentata in modo schematico, la formazione di un buco nero e di una successiva singolaritàSe il collasso di una massa non si arresta, le sue proprietà fisiche (pressione, temperatura, densità) descritte dai modelli relativistici, spesso divergergono a valori infiniti: ciò viene definito come singolarità, una situazione fisicamente non descrivibile. Le equazioni della relatività generale possono comunque fornire, per gli oggetti collassati, soluzioni in cui la singolarità non si verifica. Si veda ad esempio il libro di Carlo Rovelli “Buchi bianchi. Dentro l’orizzonte”., a partire dal collasso di una stella.

Il dato quantitativo che permette di valutare quando una determinata massa può generare il fenomeno del buco nero è il raggio di Schwarzschild, ossia il suo orizzonte degli eventi. Ad una determinata massa corrisponde quindi teoricamente un volume spazialePer la simmetria sferica delle forze e dei potenziali gravitazionali, in prima approssimazione questo volume è sferico. avente raggio uguale a quello di Schwarzschild: qualsiasi concentrazione di materia che si trovi ad occupare un volume compreso entro questa dimensione è quindi ciò che definiamo un buco nero. Per fare un esempio, un grande asteroide come Vesta diventerebbe un buco nero se la sua massa fosse compressa in una sfera avente un raggio di Schwarzschild di circa 40 cm.

Negli anni ’70 del secolo scorso, la teoria del “Big Bang” ha condotto alcuni teorici ad immaginare la formazione, causata da locali fluttuazioni di densità avvenute durante gli istanti iniziali dell’espansione dell’Universo, di buchi neri caratterizzati da piccole masse e dimensioniSi veda il riquadro in colore seguente per alcune informazioni aggiuntive.: i buchi neri primordiali o mini buchi neri.

Buchi neri primordiali come costituenti della materia oscura

Nel loro lavoro i ricercatori Thoss e BurkertIn, hanno nuovamente considerato il possibile ruolo dei mini buchi neri come costituenti della materia oscura, valutando quanti buchi neri primordiali potremmo aspettarci di identificare nel nostro Sistema Solare. A questo scopo, gli autori hanno quindi cercato le tracce di interazioni gravitazionali con altri oggetti e le eventuali piccole modifiche causate ai loro parametri orbitali.

Prima di continuare, una precisazione volta a “tranquillizzare” il lettore: un mini buco nero non è uno dei “mostri” che possiamo trovare al centro di molte galassie, aventi orizzonti degli eventi con dimensioni dell’ordine del nostro Sistema Solare. In questo caso, stiamo quindi parlando di “piccoli mostri”: alcune delle loro catteristiche previste dalla teoria sono descritte nel riquadro seguente.


E se uno di questi “piccoli mostri” dovesse passarci vicino? Diciamo che non ce ne accorgeremmo… o quasi: la sua forza gravitazionale sarebbe in grado infatti di attirarci verso di lui, scagliandoci a qualche metro di distanza. Se invece passasse attraverso il corpo di un organismo vivente… diciamo che sarebbe meglio non fare una simile esperienza!


L’ipotesi di lavoro usata dagli Autori è basata sulle osservazioni dei moti stellari nella Via Lattea, le cui particolarità sono attribuite alla materia oscura; in tal modo hanno ricavato la distribuzione spaziale presunta dei mini buchi neri, che formerebbe un alone centrato sul nucleo della nostra galassia, analogamente agli ammassi globulari ed alle stelle più antiche del nostro Sole, e non appartenenti al disco galattico.

Questa stima, basata sui dati osservativi, secondo i ricercatori implica che anche nel nostro Sistema Solare transitino occasionalmente dei buchi neri primordiali, ad intervalli di tempo abbastanza brevi, ed hanno indagato quali effetti causerebbero questi oggetti, sui moti dei pianeti di tipo terrestre o di oggetti di masse inferiori. Gli autori hanno quindi ricavato un insieme di effemeridiPrevisioni di grandezze astronomiche, quali ad esempio le distanze dei pianeti, calcolate per un determinato intervallo di tempo. mediante un modello di calcolo basato sulle posizioni ed i movimenti degli otto oggetti planetari principali del Sistema Solare, confrontandole poi con la reale distanza Terra – MarteNon è stata utilizzata la distanza Terra – Luna che è altrettanto nota, causa la complessità del moto lunare, che lo rende poco adatto per analisi di questo tipo. per verificare la presenza di eventuali perturbazioni gravitazionali dovute ai mini buchi neri in transito.

La risposta alla domanda è stata forse deludente, poichè le stime delle perturbazioni gravitazionali causate da buchi neri primordiali aventi masse analoghe a quelle di un oggetto asteroidale, sono dieci volte inferioriOssia un ordine di grandezza. ai risultati forniti dal loro lavoro.

Qualcuno troverà magari deludente, oppure confortante, non aver trovato evidenze sperimentali per l’esistenza di questi oggetti che risalirebbero ai primi istanti di vita dell’Universo. Ma come sempre, nella scienza, anche indicazioni negative come queste sono utili per migliorare le tecniche sperimentali ed affinare quindi i risultati in un prossimo futuro.

La caccia ai buchi neri primordiali non è ancora conclusa, ed il loro ruolo nella descrizione della materia oscura non può quindi essere ancora rigettato con certezza.