I colori della notte

Messier 46 i suoi colori e la costellazione della Poppa

Ecco un’immagine di Messier 46, un ammasso stellare aperto, visibile nella costellazione della Poppa, vicina a quella del Cane Maggiore, dove brilla sfavillante nelle notti invernali Sirio, al nostro sguardo la stella più luminosa del cielo boreale. L’ammasso è abbastanza lontano da Sirio, ma comunque individuarlo nel campo dell’oculare è abbastanza semplice; “scovarlo” con facilità richiede però l’utilizzo di montature equatoriali con cerchi graduati (ed una buona mappa stellare!) oppure dotate di computer per il puntamento degli oggetti celesti.

L’ammasso è un bell’oggetto già di suo, con una miriade di stelline multicolori in un campo abbastanza ristretto, ma la sua particolarità è di contenere anche una nebulosa planetaria, che viene indicata nel catalogo di oggetti non stellari NGC (New General Catalogne) come NGC 2438; a quanto ne sappiamo però si tratta solo di una sovrapposizione prospettica di oggetti astronomici situati a distanze differenti, poiché la nebulosa è più cicina (distanza dalla Yerra circa 2900 anni luce), quindi “davanti” all’ammasso stellare (distanza dalla Terra circa 5400 anni luce).

NGC 2438 è ciò che rimane di una stella di tipo solare, che terminata la sua fase di “vita” come stella ordinaria si è trasformata in un oggetto stellare particolare, noto come nana bianca. Le stelle comuni sono enormi globi di gas luminoso, sfericamente simmetriche (simmetria indotta dalla gravità) e caratterizzate da enormi pressioni e temperature nelle loro regioni interne. Si potrebbe pensare che queste temperature siano così elevate a causa dell’energia prodotta per fusione nucleare proprio all’interno dei nuclei stellari; ma questo è solo parzialmente vero … in realtà, una stella si riscalda (a partire dalle basse temperature dell’ambiente stellare, ossia poche decine di gradi Kelvin, circa 200 gradi sotto zero nella scala di temperatura empirica Celsius, che usiamo comunemente) sino a temperature di centinaia di migliaia di gradi a causa della forza peso esercitata dagli strati esterni su quelli interni, ossia della contrazione gravitazionale del gas da cui è formata. Quindi la proto-stella è già calda nelle regioni interne e questo calore lo ritroviamo in quantità sempre maggiore andando dall’esterno verso l’interno. La contrazione della stella si arresta solo quando nel suo ormai caldissimo nucleo centrale, si avvia un processo di fusione termonucleare, che causa una pressione contraria a quella gravitazionale e stabilizza l’oggetto, che da proto-stella diventa a tutti gli effetti una stella.

Che c’entra, tutto questo con le nebulose planetarie? Detto semplicemente, se le reazioni di fusione nucleare si arrestano, l’equilibrio dinamico descritto prima si altera, ed in conseguenza la stella modifica la sua struttura, passando ad uno stadio di gigante rossa ed infine di nana bianca, con annessa nebulosa planetaria. Tutto qui …


Immagine della nebiulosa planetaria NGC 2438 in Messier 46, costellazione della Poppa. La stella progenitrice della nebulosa è la piccola e fioca stella blu appena in alto a sinistra di una vicina più luminosa sullo sfondo.
NGC 2438. Credit KPNO/NOIRLab/NSF/AURA/Nicole Bies and Esidro Hernandez/Adam Block

Stelle di massa maggiore di quella solare invece, avranno una differente evoluzione, poiché saranno in grado di generare energia con reazioni nucleari molto più energetiche, producendo elementi più pesanti dell’idrogeno, ossia elio, ossigeno, carbonio… sino al ferro.E poi? Dopo il ferro, le reazioni di fusioni nucleare non generano più energia, ma la richiedono (non sono esotermiche ma endotermiche) e quindi ancora una volta la struttura stellare si destabilizza, ed in un breve lasso di tempo implode su se stessa sino ad un limite (dovuto alla natura delle forze nucleari) che causa un “rimbalzo” disastrosamente esplosivo degli strati esterni della stella sul nucleo denso e compatto: l’immane esplosione di una supernova (supernova di tipo II, quelle di tipo I sono un pochino differenti… ma lasciamo stare questa una ulteriore tipologia!), che libera l’energia equivalente a quella prodotta milioni o miliardi di stelle “normali”. Una supernova può infatti arrivare a brillare per alcuni giorni come un’intera galassia.

Ma il nostro Sole… succederà anche a lui qualche cosa di simile? Non diventerà una supernova (è troppo leggero, ossia non ha una massa sufficiente ad innescare i processi descritti prima) ma terminata la scorta di idrogeno… beh, si cambierà: i suoi strati esterni, riscaldati dall’energia proveniente da una fase di “leggera” contrazione gravitazionale, si espanderanno. E parecchio, probabilmente sino oltre l’orbita di di Marte… e con questo finirà la vita sulla Terra. Ma un pò di tempo lo abbiamo ancora, almeno 5 miliardi di anni, secondo le stime sulla struttura solare che ci fornisce l’astrofisica.

Ma non incolpiamo il Sole per qualche cosa che è oltre la nostra capacità di comprendere sia intervalli di tempo così lunghi che fenomeni così immensi: se la vita su questa pianeta finirà, non penso sarà per colpa della nostra stella. Magari, sarà solo per colpa nostra.

Quindi, una piccola considerazione, per terminare.

Quando in una limpida notte d’inverno osserviamo Messier 46 e la “sua” nebulosa planetaria NGC2438, proviamo a pensare che stiamo guardando sia il futuro della nostra stella che il passato di una stella che non vedremo mai. La nebulosa planetaria NGC 2438 altro non è che la “cenere” di una stella scomparsa centinaia di migliaia di anni fa, e magari in quella “cenere” ci sono anche le ceneri di forme di vita, magari di civiltà fiorite sotto i tiepidi raggi di quella stella. Quando la osserviamo, stiamo guardando forse la “cenere dei ricordi” di forme di vita scomparse tanto tempo fa.