TESS fa passi avanti nell’indagine su origini, forma e posizione degli esopianeti sub-nettuniani
Il 17 Marzo scorso l’Astronomical Journal ha pubblicato i risultati di una nuova ricerca sull’origine e l’evoluzione dei pianeti sub-nettuniani.
Per intenderci, si definisce sub-nettuniano un pianeta gassoso più grande della Terra, ma più piccolo di Nettuno.
Stiamo quindi parlando di esopianeti, cioè quei pianeti fuori dal nostro Sistema Solare, che orbitano dunque attorno ad altre stelle.
Gli scienziati si interrogano da tempo su come sia possibile che questa tipologia di giganti gassosi, assente nel nostro Sistema Solare, presenti spesso orbite molto più vicine alla propria stella rispetto a quella di Mercurio intorno al Sole. Per questa caratteristica tali sub-nettuniani vengono anche definiti pianeti “close-in”.

Ma come possono sopravvivere a condizioni estreme di intenso bombardamento da parte del vento stellare?
Il telescopio spaziale TESSNASA’s Transiting Exoplanet Survey Satellite. si è rivelato uno strumento fondamentale per cercare di rispondere a questa domanda, posta dai ricercatori della Pennsylvania State University, perché ha permesso di studiare quegli esopianeti vicini a stelle giovaniStelle con età non superiore a 100 milioni di anni..
La difficoltà di lavorare con questa tipologia di astri sta nel fatto che sono molto attivi, ruotano velocemente e hanno frequenti outburstPicchi di emissione di radiazioni corpuscolari ed elettromagnetiche., producendo “rumore”Alterazione casuale della luminosità e del colore delle immagini, che si presenta come una “sgranatura” di pixel sparsi irregolarmente sull’intero fotogramma o porzione di esso. che rende poi difficile l’interpretazione dei dati raccolti.
Di conseguenza, i ricercatori hanno prima dovuto trovare una soluzione a questo problema, creando un sistema di analisiLo sviluppo del sistema computazionale di riduzione dati chiamato Pterodactyls ha richiesto 6 anni di lavoro. dei dati a disposizione, che permettesse di scovare la presenza di esopianeti in mezzo a tutto quel “rumore”.
La ricerca, durata 27 giorni, si è concentrata sugli esopianeti con raggio da 1.8 a 10 volte quello della Terra e con periodo orbitale inferiore ai 12 giorni, offrendo la possibilità di osservare un paio di rivoluzioniMovimento che un pianeta compie attorno alla propria stella. complete, per cercare di capire come il vento stellare contribuisca a definirne la forma.
Quanto emerge è una maggiore concentrazione dei sub-nettuniani nei sistemi stellari databili tra i 100 milioni e un miliardo di anni, in confronto a quelli presenti nei sistemi più giovani, con stelle di età compresa tra i 10 e i 100 milioni di anni. Se prendiamo però in considerazione i sub-nettuniani “close-in”, vediamo che questi sono molto meno frequenti nei sistemi stellari più vecchi e più stabili.
Sulla base della maggiore presenza di sub-nettuniani nel periodo orbitale intermedio, Rachel FernandesPostdoctoral Fellow del Dipartimento di Astronomia e Astrofisica alla Pennsylvania State University, a capo del gruppo di ricerca. e il suo gruppo di ricercatori hanno formulato l’ipotesi che molti di essi si formino originariamente lontani dalle loro stelle ospite, per poi migrare verso di esse nel corso del tempo.
Una ulteriore ipotesi degli autori di questo studio è che i pianeti rimpiccioliscano poi per effetto della perdita di atmosfera (atmosferic mass loss), dovuta alla costante azione del vento stellare, spiegando così la loro minore presenza in prossimità delle stelle.
“Certamente”, conclude Fernandes, “sono diversi i processi che concorrono a modellare questi pattern evolutivi, senza che esista necessariamente una forza dominante”.

La speranza di Fernandes, e direi anche la nostra, è che in futuro questa ricerca possa essere integrata dall’analisi di dati provenienti dalla missione PLATOPLAnetary Transits and Oscillations of stars. Missione ESO per lo studio di esopianeti più piccoli, della grandezza di Mercurio, Venere, Terra e Marte e dall’indagine su massa e composizione di singoli pianeti, possibile grazie al telescopio Webb.
Tutti indizi preziosi per approfondire la nostra conoscenza dei processi di formazione planetaria attorno a giovani stelle, che ci lasciano intuire sempre più come “il nostro Sistema Solare rappresenti un’eccezione piuttosto che la regola”, chiosa Fernandes.
Un altro passo avanti nella ricerca della risposta alla sempiterna domanda: “Da dove veniamo?”.